sabato 29 settembre 2012

Ulisse moderno

Vaga Ulisse, a cercar lavoro,
remando l'inferno
del mondo moderno,
che di sirene è gran coro.

Intonano allarmi, piangon feriti
in tempestosa terra,
mentre muovon guerra
gli dei inferociti.

Naufrago l'accoglie Nausicaa,
laureata precaria
e visionaria amica.

Chiede del passato, narra il futuro,
d'Itaca leggendaria
e d'un Duemila 'sì insicuro.

Tra i verri di Circe è amara esperienza
scovar che resta di virtute e canoscenza.
E vinto piange il triste molo
dell'uomo che abiura il suo folle volo.

Il fumo d'Ilio ha ancor nel cuore
e il cavallo e l'inganno,
il trionfo senza onore
e un ritorno d'infinito affanno.

Pur mutando il tutto non muta.
E per questi nuovi Achei
odora ancor di vittoria l'imminente caduta.

Clitemnestra tradita che uccide il sovrano
o il brutto scherzo d'un vile vulcano,
come fu allora è nei tempi miei.

È un mondo ingiusto, dilaniato,
quello che Ulisse nell'oggi ha trovato.

(D.D.)


giovedì 27 settembre 2012

Ventisette


Ventisette settembre, scorrono i giorni
e l'autunno risveglia degli anni passati
il ricordo allorché con la mente ritorni
ai giardini di marzo e ai lidi delle estati,
alla neve d'ottobre ed ai libri coi fiori,
a una giovinezza di speranze e di colori.

Era un'Italia che ne festeggiava cento
d'umane stagioni, bella come nessuno
e illuminata dai padri del Risorgimento,
sorrideva ai suoi nati, era il Sessantuno.
Apristi gli occhi a un futuro che incanta,
quell'avere vent'anni negli anni ottanta!

Forse a quei tempi fu caro ad Atena
l'infonder giustizia nel cuor dei bambini,
col mirabile intento di rinnovar la scena
di un mondo teatro di troppi ladrocini.
Un leonino d'America udì tal richiamo
e oggi ci insegna che "Sì, noi possiamo!"

Giustizia. Per questo verrai ricordata
anche tu, esclusa dai nomi della storia,
ma per Giustizia eternamente cantata
da questa penna che diverrà memoria,
da questa mente che forse avrà gloria,
da questa vita che per sempre t'è grata.

I ventisette son dannati per ogni poeta
e li vedo arrivare, mi prendon per mano,
mentre tu sol li rimembri età assai lieta,
senza fuggire in quel passato lontano:
coglie il tuo sguardo i doni del presente
e con essi il segreto dell'esser vivente.

Ancor inseguo i miti dell'arcano ritratto,
dell'isola che non c'è, del canto d'Orazio,
ma quest'oggi da te imparo soddisfatto
a guardare il tempo come fosse spazio,
che già lo fece Ulisse nel prender mare
quando le rughe gli dicevan di restare.

Ventisette vite son ben meno di quelle
che hai vissuto con profonde emozioni
tra le amate pagine di romanzi e novelle
o le note impegnate delle grandi canzoni
dell'amico tuo genovese, fragile lamento
dei vinti del vincente amaro Novecento.

Ma fu Francesco a firmar la tua trama,
modenese volgare, ma quasi d'Assisi,
che del principe azzurro ti fece dama,
dimenticando i suoi tristi amanti divisi:
nessuna Samantha che non sa vedere,
nessun Andrea che continua a tacere!

Continuò a mutare l'infinito universo
e quei ch'eran molti si fecero pochi,
ma un'orbita ellittica mai avresti perso,
attorno a due figli, due autentici fuochi.
E anche se ora sembra tutto diverso,
di questo cammino nulla andrà perso. 

Ti regalo un sorriso che sincero riflette
la luce delle felici nostre vite imperfette
e poi fedele al principio della relatività
mi appello, poiché diffido dalla realtà,
a una delle leggi mai scritte né dette:
che la mamma ne ha sempre ventisette!

(M.T.)


mercoledì 26 settembre 2012

Malinconia


Troppo facile morire,
un soffio di vento,
divine ire
e il fuoco è spento.

Troppo astuto l'imprevisto,
poi il grido d'un pianto,
la croce di Cristo
e di neve un manto.

Troppo s'ha in quest'avventura
d'aver paura
e gelo in cuore.

Troppo assurdo il senso,
quel folle amore
fragile e immenso.

Troppo il tempo è poco,
avara regola del gioco.

(D.D.)


martedì 25 settembre 2012

Anthony Patch


Celesti eran li occhi spenti nel grigio
e pallido il profumo dell'agiata gioventù
per te figlio d'un tempo che non era più
e padre d'un seme dal lontano prestigio.

Tu cullato nel limbo dell'ozio antico,
laddove il pensiero riflesso nel vino
e d'erotiche feste nutrito, unico amico,
si mutava nell'anime sul tuo cammino.

Con New York ch'in te bella danzava
mentre fuori avea sposato il Novecento
e prima il suo vento e poi anche la lava

tessevan un manto di nuova morte
su quella città ch'un eterno lamento
d'amor tradito ti darà in sorte.

Il buon gusto allor senza più storia
d'un giovane uomo fuggito da Dio
 or naufrago giunge al secolo mio
a rivendicar quella perduta Gloria.

(D.D.)


domenica 23 settembre 2012

Venezia

Non si spegnerà il mio sguardo,
gli occhi miei specchio dei tuoi
sazierà tal reciproco traguardo,
fermando il tempo intorno a noi.

Sarà di luce un duplice riflesso,
un incrocio di poteri e pensieri,
oltre le pupille, l'intimo accesso
del regno che ospita i desideri.

Mostrami ancora le magiche ali
che ti riportano dolce il sorriso
e ogni volta ti liberano dai mali,
se una lacrima bagna il tuo viso.

E quando avrai un'altra carezza
lasciati ancora una volta volare,
oh esempio di umana bellezza,
come Venezia sdraiata sul mare!

(D.D.)


sabato 22 settembre 2012

Notte dopo il primo bacio


Notte dopo il primo bacio
e di pensieri un temporale
spegne il buio in quelle sale
deste dal sapor d'un bacio,

solo un bacio, poi la notte
e mille stelle attorno al cuore
in un silenzio ch'è rumore,
violenta pace d'armonie rotte.

Avvolge nell'ombra più oscura
ogni ingenua dolce speranza
questa mia mera paura.

Oh Amor, dannata tirannia,
il tuo esercito fiero avanza
e m'azzanna e m'affanna!

Quel primo bacio vorrei ancora
in questi secondi lunghi un'ora.

(D.D.)


venerdì 21 settembre 2012

Endless Summer?


Alla faccia di Oceana e dei suoi ritmi l'estate è giunta, anche per quest'anno, alla fine del suo percorso. Già, perché le stagioni non hanno la possibilità di dire "Non mi dimetto!", al contrario di tanti nostri amati politici, a partire dai governatori comodamente seduti sulle più prestigiose poltrone di Roma e Milano. La Polverini che scimmiotta Amleto, il Celeste che ripone malinconico nei propri armadi, tra uno scheletro e l'altro, gli slip rosso vermiglio delle mirabolanti vacanze al mare con gli amici. Forse nel più caotico e dimenticato dei cassetti, quello in cui di solito riemergono i ricordi più inaspettati, come un tubetto aperto e ormai essiccato di Crystal Ball, il Labello Sun dei tempi del primo bacio, una figurina Panini di Alan Boksic, una bandana hawaiana anni '90 e un vecchio numero di "Tutto" o "Cioè" con gli N*Sync in prima pagina, proprio lì, emergeranno anche le ricevute fiscali delle suddette ferie, con allegata la carta dell'America Latina, così che si possa chiarire una volta per tutte che Rio non è in Messico. Con l'arrivo del freddo si scaldano invece le panchine di Serie A. Il primo esonerato è il tecnico del Palermo Sannino. Verrebbe da dire, nonostante i vari ammonimenti a riguardo, da Palazzi a un Gesù Cristo in smagliante forma televisiva, "Ci avrei scommesso!". Non per altro, ma perché il contratto biennale siglato con uno come Zamparini ha il valore legale dei soldi del Monopoli e quello globale e concreto dell'Articolo 18 rispetto al mondo del lavoro. Il nuovo allenatore Gasperini si è quindi voluto tutelare, facendo inserire una clausola che consenta, in caso di licenziamento, la pubblicazione a nome del patron rosanero di fotografie compromettenti la figura di Maometto, scattate a Villa Certosa, durante una festa in cui il Profeta pare abbia dormito nel lettone di Putin. Decisivo il suggerimento della FIOM. Ma per il ministro dello sviluppo economico Passera (da notare a tal proposito la sottile ironia metaforica sfoggiata da Mario Monti per così qualificare il miglior modo di fare business nel nostro paese) il rischio è quello di creare un pericoloso precedente. Dalle paure ai fatti. Inzaghi vuole il posto di Allegri, Renzi quello di Bersani. E, purché la rottamazione sia necessaria, ci si chiede chissà quali saranno le clausole. "Non c'è più religione!", direbbe Marx, riflettendo su tutto questo mentre cerca di capire chi cazzo sia Laura Puppato. Poi è bruscamente interrotto dal gran fracasso provocato dalla gaffe senza tempo né spazio di Mitt Romney, che insulta la propria intelligenza mille volte in più rispetto ai milioni di Americani che, usufruendo di quella robaccia psicosovietica chiamata "welfare", definisce inutili e onerosi, vittime, fannulloni etc., quasi potesse permettersi, sotto gli occhi della nazione più potente del mondo, di impersonare persino Brunetta. Per chi non lo sapesse, quest'ultimo, già protagonista di una celebre canzone di Fabrizio De André, è all'oggi l'indiscusso magnate della lobby delle nanotecnologie, che gli garantisce un futuro di spessore, nonostante lo spettro del PSI contamini ancora la sua pargoletta anima. Chiudo con un appello a tutti i giovani che non hanno le caratteristiche tecniche per essere acquistati dal PSG o dal M5S, né la zia ex socialista ora liberista ciellina che può garantire un posto da impiegato, in banca o nel sindacato: per trovare lavoro ci sono due strade, la prima, più impervia, è quella recentemente tracciata da Curiosity, su Marte. La seconda, accessibile a tutti e vera speranza per il Bel Paese che verrà, è invece senza alcun dubbio il nuovo reality di Flavio Briatore! Non ci sarebbe più molto da aggiungere, ma ci tengo anche sottolineare i benefici della demonizzata tassa patrimoniale, cogliendo l'occasione data dalle esternazioni dell'ereditiera Paris Hilton che, forse in accordo con la CEI, ha qualificato i gay come schifosi malati di AIDS. Non c'è bisogno di un'ideologia politica, una religione, una fede calcistica o un orientamento sessuale per affermare, dando voce a quel che resta dell'humanitas, sia pur pacatamente (alla WV ndr), che "se solo i soldi ingiustamente pervenuti a questa spregevole idiota potessero essere a lei sottratti e, fino all'ultima Dracma, devoluti alla lotta contro l'HIV, allora sì, forse Dio esisterebbe davvero, e sicuramente sarebbe un mondo migliore!".

(M.T.)

domenica 16 settembre 2012

I colori di Paride


Pallida bellezza d'Helèna
ha anche Paride Troiano,
come la luna quand'è piena,
latteo il viso, nivea la mano.

Nel gelido suo esser puro
Venus nascose vivo fuoco,
cela quindi un lato oscuro
l'arcier più bello d'ogni loco.

Bianca di pace ha la pelle
Alessandro, rosso d'ardore,
negli occhi luccicanti stelle,
ma un infinito di nero nel cuore.

Non potrà infatti fuggire ai colori
dipinti dal cinico aedo,
saran speranze, rimpianti e fiori
dell'urna sua brutal corredo.

Un fascino eterno
t'invidierà una donna già vecchia
dal grigio suo inferno,

ma un azzurro cielo,
unico mar in cui Sparta si specchia,
guarderà attraverso il velo

sul suo capo scuro
di vedova costretta alla vita
e al continuo spergiuro.

Di quella volta turchese
la vista è per te finita
da quando nel fumo Ilio s'arrese.

E i colori dimentichi, insieme ai sorrisi,
nel nulla dei Campi Elisi.

(D.D.)


sabato 15 settembre 2012

Il fondamentalismo falsa la Fede


14 settembre 2012

Dopo le orecchie di Carlo, il perizoma di Pippa e le "chiappe d'acciaio, ne voglio un paio" di Harry, sempre pronto a mettere a nudo il surrealismo dei reali nel 2012, ecco a voi il topless di Kate, in attesa che la regina ci mostri la farfallina, ma dovremo aspettare Sanremo. Vilipendio? Ma come cazzo parli?! Ah, é quella roba noiosa sui capi di Stato, per cui non si può dire che il Papa veste Prada o che Napolitano ha un passato nell'industria del porno. Intanto Milano sembra il Far West e Pisapia giura che Chuck Norris sarà nominato assessore per la lotta al narcotraffico, con delega alle zanzare. Ma tutta questa droga dove va a finire? Ah, che sbadato, é vero che esiste la "classe dirigente". Pare che la cocaina scorra a litri nelle cravatte più altolocate, disciolta nel buon vino di una cena a carico dell'azienda. Deciso a risolvere il problema, il presidente esteta Formigoni é volato a Parigi per assistere al derby di Madrid. "Davvero bravo questo Falcao, quasi quasi lo invito a una festa. Mourinho no, é uno sfigato che vota Renzi". Già, come se non mancasse é iniziata la corsa alle primarie del PD. Sebastian Vettel in pole, perché avere la Bindi come avversaria "ti mette le ali". Intanto Rutelli medita un ritorno in Ferrari, ma i tifosi temono un nuovo effetto Badoer. La Fornero é entrata armata al Gp di Monza: "Una calibro 18" denuncia la CGIL, sull'onda dell'entusiasmo per il colpaccio di calciomercato. Sì, perché Marchionne, dopo delle stagioni deludenti a Torino, torna al Parma, così come Amauri. Il nuovo Ad della Fiat sarà Biabiany. Le parti sociali convengono sulla necessità di creare disoccupazione giovanile allo scopo di tutelare il posto fisso rapinato da cani e porci nei mitici anni '80. "Meritocrazia e disco-music devono trovare un punto di sintesi" dichiara Fassina, che non é la moglie di Fassino, quella sta già in Senato, bensì un infiltrato della lobby del sindacato nel suddetto Pd. Nel frattempo Gabry Ponte apre a un Monti bis. E dall'estero: tensioni in Egitto per l'uscita del nuovo singolo di Justin Bieber, un'orda di quattordicenni innamorate prende d'assalto l'ambasciata del Canada. Sorgono sospetti sulla complicità del Faraone Tutankhamon, recentemente sconfitto nella finale di X-factor proprio dal giovane macho d'oltreoceano. Il Papa invece gioca il jolly e ne dice una di giusta: "Il fondamentalismo falsa la Fede". Ruini immediatamente smentisce. Ansia Pellegrini: "Sono vera e pulita!". Angela Merkel, dopo essersi intenerita di fronte alla pubblicità di Fifa 2013 ritraente un bacio virtuale tra Mario Gotze e Mario Mo..., ehm, Gomez, invece sollecita i calciatori gay a fare coming out, perché "la Germania é sicura". Ultime parole famose. "Ja wohl, mein Furher!". L'appello non vale per i Greci, pena una sovrattassa pari alla seconda rata dell'Imu più il 5% per ogni presenza in Serie A di Alexandros Tzorvas. É così che aumenta il partito del "Porca Troika!", ma soprattutto il fetore insopportabile di Alba Dorata, che non é Asia Argento, fa paura davvero. Priorità di riflessione. Da ogni azione scaturiscono reazioni eguali e contrarie. In altre parole, cazzi acidi. Come quelli che un reattore nucleare belga danneggiato sembra sul punto di emanare. Ecco cosa succede a stare più di un anno senza governo. É chiaro Beppe Bakunin? L'anarchia é salutare quanto la cura Di Bella, il cancro della democrazia lo si sconfigge con la scuola. Anche se "Gelmini volant, disastri manent".

(M.T.)

martedì 11 settembre 2012

9/11



Undici settembre, undici anni dopo. Il tempo si affretta a strappare questa data dai nostri ricordi e consegnarla alla saggia custodia dei libri di storia. Almeno finché un qualche Mohammed Al Pansa non avrà la libertà di dire che quelle due torri, spazzate via in pochi istanti dalla nobile scacchiera a stelle e strisce, in realtà non sono mai esistite. Ben si intenda, non sarà il nefasto esito di una guerra tra religioni, perché le religioni saranno passate di moda, ma puro revisionismo, forse inserito in un altro tipo di conflitto pseudobellico, insomma, una campagna elettorale. Già me la immagino. George W. El Kaddouri sarà il primo candidato alla Casa Bianca di fede musulmana, piuttosto sbiadita, più che mai occidentalizzata e astutamente shakerata con i petrodollari texani. I Repubblicani punteranno su di lui, un moderato, tra l'altro discendente di un ex Pallone d'oro, che condusse la Fiorentina alla conquista della sua prima Champions League. La sfida sarà più che mai accesa, perché le primarie dei Democratici sentenzieranno che la rivale sarà niente meno che Brenda F. Kennedy, orgogliosamente transgender, nonché illustrissima erede della famiglia più blasonata della storia politica americana. Il suo fascino, più che mai ambivalente, secondo l'ormai assodata formula almodovar-marrazziana del "tette pneumatiche più gran mazza", le darà un cospicuo vantaggio secondo i sondaggi. Al centro della sua proposta politica ci sarà il non-interventismo nel conflitto indo-cinese, nonostante le pressioni del Presidente degli Stati Uniti d'Europa Hermione Granger, apertamente schierato con Nuova Dehli. El Kaddouri punterà invece sulla sicurezza, in linea con le radici del suo partito. Dal canto suo, la lobby del Risiko, che lo sosterrà, gli imporrà un intervento a fianco dei Cinesi, essendo essi nella miglior posizione per "attaccare il Siam". In caso di vittoria sarà quindi necessario individuare un pretesto, o meglio un casus belli, come per esempio potrebbe essere una mancata partecipazione delle Force India al Gran Premio di Indianapolis. I Repubblicani saranno sicuri di ottenere poi anche l'appoggio dei Faraoni d'Egitto, ritornati al potere dopo il sostanziale fallimento di ogni altra forma di governo nel Paese del Nilo, dai Tolomei alla Primavera Araba, e la benedizione del Papa, esiliato in Cile ormai da anni, a partire dal compimento, da parte del premier italiano Immanuel Casto, del disegno garibaldino della conquista del Vaticano e della conseguente destinazione del bottino così predato al risanamento del debito pubblico della Penisola, peraltro nonostante l'eliminazione dell'Imu, alla lotta alla fame nel mondo e, in una piccola percentuale, al Tesoriere della Lega Nord Mario Balotelli. Giovanni Paolo III, ospite della famiglia Pinochet, anch'essa molto celebre in patria, farà sicuramente un appello in favore di El Kaddouri, forse in nome della fratellanza tra i monoteismi. Già, perché non saranno più i tempi in cui "tutti i monoteismi sono uguali, ma alcuni sono più uguali degli altri". Sarà così ribadito il concetto che "il Papa perde il velo, ma non il vizio". Riuscirà allora mai Brenda a sconfiggere il ricco sfidante? Il favore dei sondaggi non rilasserà certo i suoi sostenitori, opportunamente informati rispetto a ciò che successe a Romano Prodi nel 2006 e a Pirro nell'antichità. La morale della favola? Molto spesso la politica Usa si lega a interessi di vario tipo, che vanno dalla legalizzazione dell'Aspartame alla necessità di avere nemici che nascondono temibili armi di distruzione di massa. Purtroppo Pansa avrà già sostituito l'attentato dell'undici settembre con "il terremoto dell'undici settembre" quel giorno in cui, degli archeologi dell'Università degli Studi di Padova ritroveranno, nell'entroterra della Florida, scavando a tre-quattro metri di profondità, i voti di Al Gore, non lontano da un misterioso scheletro databile al 33 d.C. Forse anche Gesù fu attratto da questo bel 'sogno americano'. E forse non sognò, non sogna e non sognerà invano. Speriamo. Pan per Giacobbo. Speriamo di no. Quel che é invece certo é che se Gore avesse veramente vinto... Allora sì, caro Pansa del futuro, in quel caso non ci sarebbe mai stato un undici settembre da addizionare, tra gli eventi tragici, a quello del golpe contro Allende.

(M.T.)

giovedì 6 settembre 2012

Il volo


Il volo, 
la magia d'un aeroplano,
un pensiero ben più umano
e non solo.

Curiosità,
ch'è già nostalgia
non appena scappan via
quegli occhi di chi non sa

che volandoti accanto
d'un sogno tuo fa parte
e t'ispira questo canto.

Forse d'Australia, forse americani
quei chiari lumi, opera d'arte,
di mondi vicini e lontani.

Il tempo è un attimo, ma ci governa,
la bellezza fugge, ma è eterna!

(D.D.)



mercoledì 5 settembre 2012

Viaggio a Roma


Il primo impatto
nella città eterna,
mondo distratto
ch'ancor governa
sullo stivale
che fu Impero
senza rivale,
d'orgoglio fiero.
Giù dall'Esquilino
per la via di Camillo
non Furio, ma Benso,
anch'egli nella memoria
degli eroi della storia.
E poi immenso
appar il sigillo,
maestro sul cammino,
di quell'ieri
d'apogeo
che fuga li altri pensieri,
è il Colosseo.
Il sogno dei Flavi
che si spegne
all'istante nell'insegne
con cui trionfavi,
oh Costantino,
che lì accanto
con rigor latino
e le vesti d'un santo
ponesti l'arco
del passaggio
a Cristo, al suo messaggio,
aprendo un varco,
dimentico di Giano,
nel tempo pagano.
E l'editto di Milano
sarebbe andato lontano!
Dai gladiatori
ai martiri, ai santi,
sin ai Papi e ai loro ori,
oh Roma sempre incanti
i popoli tutti,
vincenti o distrutti
ch'in questa vita
speran nell'altra infinita.
Sotto li occhi scolpiti
di Licinio in marmo duro,
vinti e stupiti,
ma per sempre al sicuro,
sfila il vicario
di quel Signore
che oggi muore,
quasi leggendario,
come ogni anno,
coi fedeli accanto,
col medesimo affanno
d'un venerdì di pianto.
Pochi passi in più
sotto un cielo blù
e si bagna lo sgaurdo
nel flusso beffardo
d'un Tevere padre,
acque ladre
di vita, distruttrici,
per quei che nemici
giunsero folli
a sfidare quei colli,
irrigati dalla Fortuna
ch'or illumina la Luna.
Ecco l'isola che fu ponte
per naviganti e pastori,
principianti attori
d'un aureo orizzonte,
che già brillava sulla chioma
della più bella delle signore,
anagramma d'amore,
Roma.
Di tutte le strade
avrebbe rapito
il percorso infinito,
armata di spade,
cemento e di cultura,
la forza che più dura.
S'è fatto ormai dì
e si riparte da lì,
giungendo alla porta
del dio d'ogni porta
ch'è tutto e niente,
bifronte e onnisciente.
Eccoci vicini
al tuo incrocio di destini,
eccoci Giano,
ecco che passiamo!
Corron millenni d'allori
tra il Campidoglio 
e i tricolori,
sbiadito orgoglio
d'una patria sul suo altare,
che ben serva a ricordare
chi il nostro mito
l'ha solo tradito.
E poi la Via del Corso
dove con qualche rimorso
si fa globale
la città che sparse sale
su Cartagine
e ora mostra l'immagine
d'una resa alla periferica
sconfinata America
e alle firme d'una Milano
ch'un tempo aveva in mano.
Attendendo Pechino,
ancora fan l'inchino
qui vicino, nell'aula in cui si trama,
a Palazzo Madama.
Non mi soffermo, ma tremo,
come un tempo fece Remo,
dinnanzi al potere
che gli umani fa fiere.
Vado oltre, scappo lontano
ed ecco il fantasma di Domiziano
nel suo stadio, grande icona,
oggi Piazza Navona,
in cui risuona dolce l'arte
colorando tele e carte,
mentre al centro nelle fontane
corrono acque ancora albane.
È un pomeriggio di primavera, 
col clima che sempre si spera,
e in un idillio di colori
s'arriva al Campo dei Fiori.
E s'avventa la riflessione
che smorza il sorriso
sul nostro viso
per la commozione
dell'attimo opportuno
rivolto al capo chino
d'un cupo Giordano Bruno,
testimone d'avaro destino.
Giustiziato,
perchè ardevan le sue idee,
reato,
più dell'ire manichee
e del suo corpo sul rogo,
quand'il suo ultimo sfogo
annegò nel fuoco
d'un medioevo ch'era poco
per la sua mente distante
e per l'animo sognante.
Un passato non troppo lontano
d'inquisizione,
di Vaticano,
d'Inferno per l'essere umano.
Riposa in pace, oh illuminato,
che giace ferito,
tramortito,
oggi il nemico che t'ha ammazzato!
Il passo si fa stanco, quasi si dorme
all'allungarsi dell'ombre,
con l'ultime ore
d'un sole che muore
il suo diurno viaggio
con luci da Caravaggio.
Ma con ciò ch'è più giusto
si presenta a noi Augusto
e porge a chi spera
il simbolo della sua era
e d'un sentimento che ci piace,
l'ara della pace.
Specchio della sua gloria,
sfoggio della vittoria
d'un ragazzino strano,
l'esile Ottaviano,
che forte del pensiero
fece suo un emisfero.
Riposa lì accanto,
senza onori, senza un pianto,
lui che fu Principe per primo,
occhi di ghiaccio, sguardo da mimo.
Solo,
erede d'affetti
e di difetti
all'ultimo suo molo.
Ci ripenso la notte
mentre disegno le rotte
dell'indomani che riparte
dal suo volto, che si fa arte.
Augusto di Prima Porta,
dall'alto della levata mano
il suo popolo conforta
e domina anche il Vaticano, 
custode dei Musei
di tutti gli altri dei.
L'Apollo, che bel vedere!
E così le Veneri
sopravvissute alle ceneri
dei templi pagani
distrutti dai Cristiani.
Ma spicca la gloria
degli imperatori,
perché anche se poi muori
puoi scriver la storia.
E così il grande Adriano
unito al suo Antinoo,
eterno bambino,
nell'amor più profano.
In quelle sale la mente è più viva,
come nel marmo la Gradiva
per chi la sogna camminare
e muta l'onirico nel reale.
Il culmine dell'emozione
è il ritorno alla Creazione,
dipinta d'un semplice mortale,
tanto finito, quanto geniale,
che in una stanza
ha racchiuso la danza
soave d'un arte umana,
divina
per fama,
Cappella Sistina.
Uscendo, compiaciuto,
faccio ancora un saluto
ad Adriano,
 che riposa poco lontano,
laddove un'angelica santità
lo salvò d'ogni avversità,
donando il nome a quello
che fu sepolcro ed è castello.
Ride intanto il fiume
bagnando con l'ironia,
gran lume,
tal bizzarra dicotomia.
Una volta in più la voce
del poeta si fa vera,
del giorno si vede la foce
"ed è subito sera".
I profumi della cena
illuminano la scena
d'una Trastevere agognata
dal desio d'un'abbuffata.
Sorride meschino
sullo sfondo l'Aventino
dimentico dei ribelli,
ch'i tempi non son più quelli
in cui sentirsi diverso
tra i colli,
oggi anziano e disperso,
mentre noi folli,
ubriachi di storia e convinzioni
parliam dell'antiche secessioni.
In un baleno
è il terzo giorno, il ciel sereno
e non conformi alla tradizione
c'inventiamo una Resurrezione,
di quel che fu il cuore d'oro
dell'Urbe, il suo Foro,
che pulsò politico
sin dal tempo mitico
e con licenza di religio
si nutrì dell'Ecumene
a cui diede le catene,
fosse gallo, scita o frigio,
vasto e vario
 fiero pasto dell'Erario.
Sesterzi e denari
per gli dei più precari
ma lo stesso venerati
dall'uomo e i suoi peccati,
oggi come ieri,
se vogliamo esser sinceri!
Nel mezzo il tempio
di chi subì scempio,
oh Giulio Divo,
dall'impeto vivo
d'un Senato irato
dall'esser tuo amato
d'un popolo alla fame
cui sogni e pane
donavi, facendo liete
le tue brame e la tua sete.
Di fiori e colori
gran sfarzo,
perch'ogni giorno muori
com'all'idi di Marzo,
sotto l'antica Curia,
il teatro della furia
di Cassio e Bruto.
Ti saluto.
E penso al loco dissacrato
da te disorientato
all'oggi poco cambiato,
dell'avaro Senato.
Attorno tante rovine,
confuse e vicine,
su cui getta l'ombra fioca
la colonna di Foca,
ultimo canto nell'agorà
di tal magnifica antichità.
Un sol su di loro,
non leone ma toro,
primavera insicura,
proietta la nostra avventura
sin alla casa delle vestali,
che fa inquietudine e paura,
oh nobili bestie sacrificali
dell'eterna follia,
umano vizio
dalla veste pia,
allor detta superstitio.
Sulla mancina
svetta ancor intera
la basilica vera
di Massenzio tetrarca,
poi salita sull'arca
d'una cultura mai arresa
che la Chiesa
passò all'era futura,
col ratto d'architettura.
E poi l'arco di Tito
col sangue costruito
della Città Santa
ch'il Tasso canta.
Sovrano glorioso,
ricordato illuminato,
ch'esaltar non oso,
nel suo breve regno
ai Giudei chiese il pegno.
Con sdegno, gran furore
e centurioni
mutò in oro il terrore
e donò all'Ade le ribellioni.
Con la gioia del lutto
e del boia il sorriso
stampato sul viso
fece preda di tutto,
il candelabro compreso,
trofeo dell'arreso,
poco dopo il disarmo
scolpito nel marmo.
E il pensante cammino
si volse al Palatino,
dove Romolo, coi suoi nei
d'omicida e tiranno
votato all'inganno,
fu accolto tra gli dei.
Una capanna modesta
da immaginar ci resta,
tra i dogmi e i perchè,
dimora del primo tra i re.
Medesimo palco
d'un egual falco,
invincibile attore,
Augusto Imperatore,
ch'in piccole stanze vermiglie
studiò le meraviglie
del sapere umano
e seppe andar lontano,
ma con moderazione,
mista a miele e assuefazione.
Lo spettacolo che piacque
ancor ci piace
nell'oggi in cui tace,
annegato nell'acque
d'un moderno
lungo inverno,
della voce sua il suono
e in muti marmi giace
senza vita la città
a cui fece dono
di pace
e genialità.
Il proscenio è il palazzo
d'un Domiziano
odiato e arcano
cancellato d'ogni arazzo,
che qui ha vinto tempo e spazio
nonostante la damnatio.
Al suolo raso
di Pandora il vaso
colmo d'Oriente
e d'un Sol Vincente,
casa di El Gabal,
cocchiere d'ogni mal
d'uno Stato d'ebbrezza
desidero di salvezza.
Una notte presto discesa
sul bimbo d'Emesa
Avito Bassiano,
ruggito lontano
del misterioso credo
nell'astro che ora vedo
annebbiarmi le pupille
di misteri e scintille.
Bello e dannato
e predestinato
a metter le mani
sulla corona dei Romani,
potere breve
come quello della neve
tardita
dall'incessante moto
d'una Terra divertita,
a noi noto,
attorno a quel dio
di cui entrambi pagano il fio.
E forse un raggio,
tra le nubi di burro
giunte a inquinar l'azzuro,
rimembra il suo coraggio
e mi ricorda ch'è la vista
a far sì che s'esista.
Corre il cervello
finchè un tramonto 'sì bello
da dirsi divin congedo
crea col suo carro Febo.
All'indomani volo
e non solo,
che porterò via ogni ricordo
anche dell'ultimo giorno,
fin'all'ultimo anno
che per me tesseranno
le ciniche Parche
al timon delle barche
d'un destino mortale
incerto e normale.
Musei Capitolini,
busti illustri
dai tratti sopraffini
ch'in secoli e lustri
han fatto vedere
i fissi sguardi del potere.
Dalla luce eterna
alla lux in arcana,
chi vince e governa
la storia emana,
in immagini di metallo
o con li scritti più segreti,
Marco Aurelio a cavallo
e sentenze e divieti,
negli scorci nel nero
del genio di Merisi,
sporchi e senza sorrisi,
tendenti al vero,
però filtrati dai riflettori
e da quel che decide
e spietato divide
chi è dentro e chi è fuori.
Frattura.
Discesi dall'altura,
marcia indietro
e si torna a San Pietro,
tra Conciliazione 
e apparente contraddizione.
Cerchiamo ancora l'arte,
che sgorga d'ogni parte
di questo regno
dall'alto disegno. 
Troviamo la Pietà,
magia razionale,
che penso surreale
e fiero d'ingenuità
il ricordo porto fin qui
degli orologi di Dalì.
Realtà che non sembra vera,
tempesta di reazioni,
sotto una maschera di cera
che copre un vuoto di convinzioni,
nude ossa,
come quelle di Giovanni,
oh ch'egli possa
senza affanni
dormir eterne ore
di flash e di rumore.
Santi in vetrina
o nel buio d'una cantina,
luccicanti prede
per gli ammaliati dalla fede.
Roma è anche questo.
E il tempo lesto
fuggiva veloce,
belva feroce
mai sazia ch'ha in fato
di far dell'oggi il passato.
Del canto li ultimi accordi
per me narratore
d'un viaggio che non si scordi,
rimato nel cuore.
Torniamo al mausoleo
di questo mondo latino
a cui ancor m'inchino,
miracolo Flavio, oh Colosseo,
dal grasso ventre mattatore
di schiavi e spade
al suon di applausi sul dolore,
porta dell'Ade.
Teatro doppio
dalla matrigna natura
di cappio,
che la figliastra tua abiura,
immagine pura d'un ieri
di cui comunque
si può andar fieri
qui come ovunque.
Il tetto che mai ti coprì
dal ciel che ti tradì,
oh Roma cara,
vacanza amara 
anche per noi si fece,
che nubi nere come la pece
e tonanti tumulti,
tanto simili a insulti,
ci misero in fuga veloci
verso altri porti e altre foci.
Nuovole nere,
inarrestabili fiere,
come quei Barbari affamati
che s'erano affrettati
a predar ogni respiro
del tuo Impero sotto tiro,
ormai stanco d'esser vecchio
e d'urlare nello specchio
per le rughe maledette,
aspre vendette
della fluida sorte 
ch'ogni cosa conduce a morte.
Sarai Odoacre, oh temporale
ch'il sipario hai chiuso
sul nostro andare
sognante e illuso.
Fine del viaggio,
fine della poesia
che di Roma è un assaggio
e di come l'ho fatta mia.

(D.D.)