martedì 30 aprile 2013

Come dentro una valigia blu

Come dentro una valigia blu,
l'amore al buio, mentre piove:
crollano i cassetti. E tu
rincorri sogni ch'il vento muove.

Come una fuga disperata
in qualche angolo del mondo
o nell'abisso d'un secondo,
valle incantata, cuore di fata.

Come la fantasia d'un incompreso
ogni volta ammazzato dall'inetto,
che fu condottiero e s'è arreso.

Come una ferita nel petto,
la sconfitta col suo peso,
perché l'uomo non muta d'aspetto.

Come mai nato, come mai più,
come dentro una valigia blu.

(D.D.)



giovedì 25 aprile 2013

Liberazione

Sorriso di madre, futuro dei figli.



Mentre sempre meno bambini possono imparare direttamente dagli sguardi di un nonno che non vuol parlarne o di una nonna che si commuove al sol pensiero, ricorre un altro anniversario della Liberazione. È il 25 aprile, l’Italia è riscaldata da una primavera un po’ tardiva e più che mai attesa. La pace dopo l’inverno. Un giorno di vacanza, l’occasione per una gita fuori città o per riposare dopo aver fatto tardi la sera. Ma anche il libro di storia, il discorso di un politico o un servizio del telegiornale. Si raffreddano i ricordi, quando non sono pienamente nostri in quanto non conosciamo nessuno che li abbia vissuti. E cresce anche la paura. Si parla troppo spesso di libertà, è diventata una parola comune, quasi svuotata da ogni emozione e funzionale ai pretesti, quali le arringhe elettorali, le sdolcinate canzoni di Sanremo o i messaggi pubblicitari. E come se non bastasse c’è poi qualcuno che si alza in piedi e si rassegna all’idea del “si stava meglio quando si stava peggio”, piuttosto che del “quando c’era lui…”. 

La crisi economica riporta l’Europa in un clima di sfiducia e instabilità sociale simile a quello del primo dopoguerra, nonostante al di là dell’Atlantico uno spigliato e coraggioso Obama stia provando a far meglio di un grande come Roosevelt. L’Italia intanto annega nella corruzione, proprio come ai tempi in cui la Libera Res Publica s’addormentava mortalmente tra le braccia dei Silla, Cesare e Augusto. Il riformismo non funziona, pare che i “poteri forti” del sistema, nel Bel Paese come in gran parte del mondo, siano più astuti di Odisseo e più veloci di Achille. Ed è proprio per tutte queste ragioni che bisogna festeggiare il 25 aprile e che devono farlo anche e soprattutto i giovanissimi, quelli che non hanno ancora potuto alzare la voce contro tutto ciò che è sempre stato loro imposto, calato dall’alto, fatto passare per vero. 

Il Parlamento, uno degli eterni figli della democrazia, conquistata col sangue dai nostri avi, si è ultimamente reso protagonista di comportamenti ai limiti della vergogna, vittima dei suoi stessi privilegi, dei giochi di partito, del pericoloso intreccio di ambizione, potere, ignoranza e qualunquismo. Anche l’ira delle folle ha perduto il proprio orientamento, in un paradossale contesto di iper-informazione facilmente degenerabile nel più assoluto relativismo, in cui viene meno l’obiettività e la criticità nella valutazione delle fonti. Il tutto diventa niente, i Guelfi Bianchi sembrano i Guelfi Neri, “partono tutti incendiari e fieri ma quando arrivano sono tutti pompieri”. Nulla contro il web, nulla contro i vari movimenti e “rottamatori”, forse un po’ più di mordacia, quella sì, nei confronti dell’eterogenea moltitudine dei conservatori, troppo spesso indifferenti al futuro che verrà oltre il dopodomani. Solo un piccolo grande invito a riflettere, perché se tutto crolla allora poi crolliamo tutti, compresi sovrani, vassalli, valvassori e valvassini. 

Il 25 aprile 1945 Torino e Milano furono liberate dalla dittatura fascista e cominciò quell’esplosione di gioia che ben descrive per esempio Dino Buzzati, accomunando il sospiro di sollievo avuto nientemeno che da Dante, una volta uscito dall’Inferno, alla commozione, altrettanto “letteraria” - perché la letteratura è vita - di sua madre: “Dal letto dove sono disteso posso finalmente guardare le stelle. / Come siamo felici. / A metà del pranzo la mamma si è messa improvvisamente a piangere per la gioia, / nessuno era più capace di andare avanti a parlare. / Che da stasera la gente ricominci a essere buona?”. 

“E l’Italia cantando ormai libera allaga le strade, sventolando nel cielo bandiere impazzite di luce. E tua madre prendendoti in braccio piangendo sorride, mentre attorno qualcuno una storia o una vita ricuce…” è invece il pressoché simmetrico ricordo di Francesco Guccini, che ha scelto di celebrare la Liberazione nell’ultimo suo album di canzoni, prima di abbandonare chitarra e accordi ed entrare a pieno titolo in quel passato che è passato ma resta per sempre, nella storia e della poesia del Novecento.


Cari Italiani, popolo ingegnoso e padrone dei propri secoli, forse è ora di “ritornare alla mamma”, ai valori umani, rifiutando ogni minimo aspetto che possa far rima con l’ingiustizia… Oggi, come in altri giorni in cui ci si ferma per riflettere, dobbiamo fare lo sforzo di “voltarci all’indietro per guardare oltre”! Innanzitutto ripartendo dal “mai più!”, per poi ricominciare a curare alcuni semplici aspetti della nostra coscienza. Ognuno di noi, nel suo piccolo, può fare grandi cose, soprattutto se capirà che copiare un compito in classe, saltare la coda alla mensa, buttare una carta per terra, prendere in giro chi è diverso, approfittarsi del più debole, pensare sempre e solo a sé stesso e tanti altri comportamenti, più o meno connessi a dei vantaggi individuali concreti, non fanno che contaminarci lentamente e renderci schiavi, passo dopo passo, finendo per “riscrivere” la trama della nostra stessa vita, che sarà una “storia” che non sapremo più controllare. La Liberazione è un concetto nato per essere poi sempre vivo e presente, accompagnando i gesti quotidiani che s’ispirano ai suoi principi! 

Essere razzisti, speculare in Borsa, aver paura degli omosessuali, disprezzare la povertà o invidiare il potere dei più furbi sono nitidi elementi di una sorta di dittatura interiore, che rischiamo di costruire noi stessi, con l’evidente complicità di coloro che hanno “guadagni” più grandi dei nostri se riescono a indirizzare il nostro pensiero. 

Liberazione! Liberazione! Liberazione! 

Facciamo uno sforzo, coraggio! Pensiamo a quanto sono uguali gli sguardi delle madri, dei nonni, di tutti coloro che si amano… Facciamolo per i sentimenti che proviamo in prima persona, cerchiamo di estendere le emozioni dell’individuo a una dimensione “umanitaria”. Nessuno di noi è depositario di una verità assoluta, nessuno di noi è veramente libero se non lo sono anche gli altri. Forse possono sembrare frasi fatte, banalità, dichiarazioni che si devono fare ma a cui poi alla fine non si crede fino in fondo… Beh, chi scrive sta per partecipare a una manifestazione in cui si farà valere la ricorrente festività per discutere, prevalentemente tra giovani, del legame indissolubile tra la Liberazione e i diritti, di cui godiamo e di cui godremo in futuro. Verrà inaugurato, nel piccolo comune di Talamona (SO), un sottopassaggio interamente “affrescato” di murales raffiguranti i diritti di tutti, con particolare attenzione rispetto a quelli ancora non pienamente riconosciuti… È il caso di dire che grazie al 25 aprile del 1945 la strada dei valori dell’humanitas è stata spianata, nonostante gli attriti e i dissensi, e ci consente di correre, sognare, reagire. La “social catena”, diceva Leopardi, è ciò che ci consente di affrontare la Natura.

(M.T.) 

giovedì 11 aprile 2013

Baltico

Baltico, luce di ghiaccio
come il Paradiso,
e un bruciore sul viso,
romantico abbraccio
tra il sale e il cielo,
il male soave
che spezza una nave
annegata nel gelo.

Tallinn, medioevo di neve
semisciolta, disinvolta
in un'Europa che ti beve.

Helsinki, la bella d'Ade,
negata primavera,
senza lacrime e rugiade.

Baltico, oceano dei morti
e canto degl'angeli, d'elfi e risorti.

(D.D.)



lunedì 8 aprile 2013

Se ripenso ad Anna

Se ripenso ad Anna
nella fantasia del viaggio,
la notte, quasi saggio
avverto l'antica fiamma.

La mente poi si danna
mentre assaggio
quel miraggio,
dolceamaro umano dramma.

E il naufragar m'è dolce
in ciò ch'inganna
a sperar salvataggio,

dolce anche l'oltraggio
al promesso sacro altare,
se ripenso ad Anna.

Capei d'oro, gote chiare,
salati occhi e di miele il mare.

(D.D.)