Lo chiamavano Alpha, quel mondo umano che accompagnava la loro senilità, la cui quotidianità andava dissipando emozioni e ricordi, cancellando insieme il passato e il presente. Il futuro no, quello non l’avrebbero mai vissuto, avendo da tempo rinunciato all’immortalità. Le Muse, figlie di Zeus e della Memoria, stanche di guardare dall’alto e con l’indifferenza concessa solo e soltanto agli Dei le più empie scelleratezze terrene, avevano scelto di dimenticare, incamminandosi verso il sepolcro, passo dopo passo, ruga dopo ruga. Per ogni lacrima versata dalla loro disperata madre sarebbe così evaporata, nella mente delle nove sorelle, un’immagine dell’antica gloria a cui avevano preso parte.
Calliope s’era spenta per prima, molti erano giunti persino dall’Olimpo a omaggiare la sua camera ardente, forse anche Zeus, in uno dei suoi più indecifrabili travestimenti. Poi le altre, ma la partecipazione umana e divina ai loro funerali era stata sempre meno ampia e consapevole. Spirata Tersicore, tanto amata dal Padre, al dolore era seguita l’ira di quest’ultimo, che aveva quindi vietato a tutti i suoi sottoposti qualsiasi nuovo contatto coi mortali. Zeus sapeva infatti che era stata Clio, ancora viva, a convincere le sorelle a diventare umane. La Musa della Storia viveva peraltro in avanzato stato di demenza, cosa che aveva suscitato anche lo sdegno della madre.
La Memoria continuava a far visita, all’insaputa del marito, solamente a Talia ed Erato, anch’esse sopravvissute, che trascorrevano i loro ultimi giorni in una casa di campagna, in quasi totale isolamento. Una giovane badante, probabilmente extracomunitaria, portava loro il cibo e il necessario per un’anonima e annoiata sussistenza. Non rammentavano come l’avevano conosciuta e ogni volta si stupivano del fatto che la bella ragazza dagli occhi verdi non volesse mai un compenso in denaro. Diceva di chiamarsi Speranza e di considerare tutto questo come il frutto dell’affetto di una madre. Anche Lei, dall’alto della sua essenza divina, aveva appreso la tecnica della metamorfosi.
Come ogni pomeriggio, anche in quel giorno di gennaio la televisione era accesa. Erato attendeva la nuova puntata dell’ennesima soap opera in cui tentava di riconoscere i sempre più vaghi ricordi sull’Amore, mentre Talia, scuotendo la testa, rideva di se stessa, avendo compreso di essere l’ultima Commedia da cantare. La Speranza bussò alla porta, aveva un mazzo di variopinti fiori tra le mani, che quasi ne riflettevano il sorriso smagliante. E questa volta non era sola. Non esitò a presentare i quattro ragazzi che la accompagnavano. I Sognatori, così li chiamò, coloro che riporteranno in vita le Muse del pianeta Alpha. Pochi tra le mura di una piccola casa, tantissimi nell’infinito spazio del mondo umano. La ragazza, che nonostante la tenera età aveva un tono decisamente materno, svelò alle due anziane sorelle il perché delle misteriose parole appena pronunciate.
La nuda terra ove erano state deposte le defunte Muse ne aveva assorbito il potere, regalando nuovamente la loro Arte ai figli del pianeta Alpha. La consapevolezza di essere capaci di creare andava sempre più manifestandosi nel genere umano, in concomitanza di una crisi esistenziale che rendeva ormai da tempo inadatte e inefficaci le affermate gerarchie dei massimi sistemi di potere presso i mortali. Erato ebbe l’istinto di afferrare il telecomando, per mettere a tacere il ridondante vociare proveniente dallo schermo, mentre Talia spense il suo ridere amaro in un sorriso sincero. I ragazzi parevano Elena e Paride, Orfeo ed Euridice. Ora diventava tutto più chiaro. Aiutandosi rispettivamente con un bastone e con la sponda del divano, le due donne si precipitarono lentamente, divine menti in fragili e consumati corpi, tra le braccia di quella loro madre bambina. Memoria, forse l’Immortale più amata nell’istante di vita degli uomini.
Alcuni hanno inventato le tecnologie, altri si sono ricordati il significato dell’Arte. In molti si gratificano ancora nei valori della Giustizia. Ecco perché le Muse avevano scelto di vivere e morire sul pianeta Alpha, ecco le ultime parole sanguinate dalla penna della Storia. Gli uomini, dolci e amare essenze amate da tutte quante le sorelle, sotto la guida dalla folle Clio, convinta di poter cambiare il corso di sé stessa donando il proprio corpo alla Terra. Una lacrima scese ingenua sul viso della badante, che, mescolando un accento russo ai singhiozzi del rimorso, si rese conto di non poter più odiare la più coraggiosa delle proprie figlie.
Colei che sembrava impersonare la più bella delle donne di Sparta teneva nelle mani un foglio di carta e una matita, armi semplici ma efficaci. E quando Erato cominciò a cantare, ella seppe fare della Storia un dettagliato disegno. Il supposto principe troiano, che in realtà era uno studente appassionato di informatica, non esitò a estrarre il proprio telefonino, per fotografare quel ritratto di immane bellezza. L’Arte lo avrebbe fatto persino innamorare. Talia sorrise di nuovo. Pensava a una nuova Commedia, in cui avrebbe narrato di uomini nascosti dietro entità virtuali, connessi a una rete di conoscenze fittizie e soggetti ai più svariati e curiosi equivoci.
Quasi vittima dell’ironia del destino, Orfeo si voltò. Ancora una volta. Ma non era che l’affascinante mistero della somiglianza. Riconobbe la timidezza nello sguardo tremante di quell’Euridice che non fu costretta a sparire per sempre, bensì a rispondere a una domanda del ragazzo desiderato. Annuì, perché quel viso lo aveva effettivamente già visto, tra gli effetti personali dimenticati da un signora ultracentenaria nell’ospedale in cui lavorava come volontaria. Li aveva riportati di persona, la sera stessa, all’indirizzo rintracciato tra i documenti presenti all’interno della borsa dell’anziana paziente. Non era la prima volta che ciò si era verificato. La donna era totalmente priva di Memoria.
Elaborarono un piano, avendo intenzione di ricongiungere Clio alla madre e alle sorelle. Euridice recuperò diverse immagini della vita di Clio, facendo attenzione a dare particolare rilievo alle interpretazioni più moderne e meno convenzionali della Storia, eseguite da artisti apparentemente folli, ma proprio per questo più simili a Lei. Elena ultimò il suo ritratto e ne realizzò altri, sulla base delle descrizioni della Memoria, opportunamente registrate da Paride sul telefonino. Proprio il principe della tecnologia si dedicò, insieme ad alcuni amici, alla creazione di un programma di realtà virtuale, in cui inserì gran parte del materiale raccolto dalle ragazze. Orfeo, la voce per eccellenza, avrebbe dovuto recarsi da Clio e convincerla a osservare dentro quello strano specchio malfunzionante che i più solevano chiamare computer. All’interno di quel mondo virtuale, parallelo e intrigante, si sarebbe nascosta, sotto qualche bizzarra invisibile forma, anche la madre, che non voleva apparire dal vivo, vinta dalla vergogna.
La trovarono in fin di vita, con un’infinita tristezza negli occhi scuri e profondi che parevano contenere due galassie. Sola, come sempre, nel suo appartamento immerso nel muto frastuono della grande città. Guardava dalla finestra, su una piazza dedicata a un certo Giovanni, che doveva aver compiuto qualche raro miracolo nel passato di quel mondo mortale. Sapeva solamente che cinque piani di scale la separavano dall’ecosistema esterno, attraversato con coraggio solo il martedì mattina, quando era costretta a recarsi in ospedale, per fare una serie infinita di dannate punture.
Magrissima, aprì alla porta, aspettandosi di vedere la bellissima Ninfa che ogni tanto le riportava la borsa. Le parve di ricordare il volto di Apollo. E allora serrò le palpebre, per non vedere le fattezze di colui che stava prendendo per mano. Orfeo cominciò a cantare, fermando l’avara rivalsa di Ade sull’anima della docile signora ancor prima che la rassegnata diffidenza della stessa Clio. Seduta su una poltrona rossa come il sangue, in una stanza semibuia che ricalcava l’atmosfera degli Inferi, ricominciò a guardare. Lo specchio era animato, si muoveva, mutava incessantemente l’oblio nella consapevolezza, fino all’abbraccio con la Memoria. “La Storia vi sarà per sempre grata, giovani Sognatori!”.
Nessuno può sapere con certezza come andò a finire questa vicenda, né che ne fu di Clio, Erato e Talia, una volta che furono ricongiunte e poterono gioire dell’Amore della loro madre. Ma sul pianeta degli uomini rifiorì in tutto suo splendore quell’Arte di cui le nove sorelle erano state custodi, ravvivata da nuovi mezzi e da un pensiero sempre più aperto all’innovazione. Diffusa era la convinzione che questo domani migliore fosse in qualche modo, forse da una stella, oppure da qualche minuscolo angolo del virtuale, vegliato e protetto dalle Muse.
(M.T., storytelling per Alphabeti srl, 2013)
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