lunedì 3 febbraio 2014

L'onda

La storia mi ha reso libero,
di partecipare al lungo cammino che tende alla libertà.
E la letteratura mi aiuta spesso a capire,
gli uomini, le emozioni, 
questo castello di carta che chiamiamo mondo.

Ecco perché oggi ho paura,
di questa guerra,
il gioco vizioso di chi ha speso una vita intera per le risate,
dall'antico e sacro valore sociale,
e che probabilmente, nell'intima coscienza del proprio specchio, 
ha da tempo smesso di ridere.

Una strada perduta, gli occhi rossi, l'ansia di trovare una nuova Musa,
l'ennesima esasperata eroica vocazione.

Vedo la foga e la furia,
di un confuso disordine collettivo,
laddove la polvere annebbia le consapevolezze
e genera la noncuranza dei rischi.

Arruolamento,
degli spettri del passato,
di chi fa dell'insulto la spada e dell'arroganza lo scudo.

Senza limiti, senza sfumature,
senza la minima volontà di considerare che possa esistere
un pensiero altrui.

Una nuvola nera. 

Si respira un veleno fin troppo inconsapevole,
mentre risuonano amari i rintocchi dell'ultimo atto,
di un trentennio di diseducazione.

Salotti e televisioni, corruzione, ventri opulenti
e le lacrime invisibili della rassegnazione.

La voce del prodotto più genuino di questa drammatica finzione, 
di questo sistema malato,
di questa età tardo-moderna,
si può leggere con chiarezza nel tortuoso movimento
di quest'onda.

Un'onda
che non farà distinzioni
e non risparmierà gli innocenti.

(D.D.)





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