Vaga Ulisse, a cercar lavoro,
remando l'inferno
del mondo moderno,
che di sirene è gran coro.
Intonano allarmi, piangon feriti
in tempestosa terra,
mentre muovon guerra
gli dei inferociti.
Naufrago l'accoglie Nausicaa,
laureata precaria
e visionaria amica.
Chiede del passato, narra il futuro,
d'Itaca leggendaria
e d'un Duemila 'sì insicuro.
Tra i verri di Circe è amara esperienza
scovar che resta di virtute e canoscenza.
E vinto piange il triste molo
dell'uomo che abiura il suo folle volo.
Il fumo d'Ilio ha ancor nel cuore
e il cavallo e l'inganno,
il trionfo senza onore
e un ritorno d'infinito affanno.
Pur mutando il tutto non muta.
E per questi nuovi Achei
odora ancor di vittoria l'imminente caduta.
Clitemnestra tradita che uccide il sovrano
o il brutto scherzo d'un vile vulcano,
come fu allora è nei tempi miei.
È un mondo ingiusto, dilaniato,
quello che Ulisse nell'oggi ha trovato.
(D.D.)
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