giovedì 27 settembre 2012

Ventisette


Ventisette settembre, scorrono i giorni
e l'autunno risveglia degli anni passati
il ricordo allorché con la mente ritorni
ai giardini di marzo e ai lidi delle estati,
alla neve d'ottobre ed ai libri coi fiori,
a una giovinezza di speranze e di colori.

Era un'Italia che ne festeggiava cento
d'umane stagioni, bella come nessuno
e illuminata dai padri del Risorgimento,
sorrideva ai suoi nati, era il Sessantuno.
Apristi gli occhi a un futuro che incanta,
quell'avere vent'anni negli anni ottanta!

Forse a quei tempi fu caro ad Atena
l'infonder giustizia nel cuor dei bambini,
col mirabile intento di rinnovar la scena
di un mondo teatro di troppi ladrocini.
Un leonino d'America udì tal richiamo
e oggi ci insegna che "Sì, noi possiamo!"

Giustizia. Per questo verrai ricordata
anche tu, esclusa dai nomi della storia,
ma per Giustizia eternamente cantata
da questa penna che diverrà memoria,
da questa mente che forse avrà gloria,
da questa vita che per sempre t'è grata.

I ventisette son dannati per ogni poeta
e li vedo arrivare, mi prendon per mano,
mentre tu sol li rimembri età assai lieta,
senza fuggire in quel passato lontano:
coglie il tuo sguardo i doni del presente
e con essi il segreto dell'esser vivente.

Ancor inseguo i miti dell'arcano ritratto,
dell'isola che non c'è, del canto d'Orazio,
ma quest'oggi da te imparo soddisfatto
a guardare il tempo come fosse spazio,
che già lo fece Ulisse nel prender mare
quando le rughe gli dicevan di restare.

Ventisette vite son ben meno di quelle
che hai vissuto con profonde emozioni
tra le amate pagine di romanzi e novelle
o le note impegnate delle grandi canzoni
dell'amico tuo genovese, fragile lamento
dei vinti del vincente amaro Novecento.

Ma fu Francesco a firmar la tua trama,
modenese volgare, ma quasi d'Assisi,
che del principe azzurro ti fece dama,
dimenticando i suoi tristi amanti divisi:
nessuna Samantha che non sa vedere,
nessun Andrea che continua a tacere!

Continuò a mutare l'infinito universo
e quei ch'eran molti si fecero pochi,
ma un'orbita ellittica mai avresti perso,
attorno a due figli, due autentici fuochi.
E anche se ora sembra tutto diverso,
di questo cammino nulla andrà perso. 

Ti regalo un sorriso che sincero riflette
la luce delle felici nostre vite imperfette
e poi fedele al principio della relatività
mi appello, poiché diffido dalla realtà,
a una delle leggi mai scritte né dette:
che la mamma ne ha sempre ventisette!

(M.T.)


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