domenica 28 ottobre 2012

Daniel Dyler e le avventure nelle Terre di Mito. V- Il Concilio dei Puri




 L'Arconte aveva smesso di parlare, un timido brusio si era progressivamente diffuso sugli spalti, ma ben presto un'altra voce prese il sopravvento sul disordine delle mezze frasi, sussurrate o balbettate qua e là, che propagavano timori e incertezze. Parlò infatti colui che era seduto alla destra di Enlil, un uomo sulla cinquantina, con dei lunghi capelli biondi, che gli scivolavano dietro la schiena, quasi fossero un mantello. Erano lisci e lucenti e contrastavano con il blu notte dell'abito su cui erano poggiati, molto stretto e accollato. In quei tessuti si specchiavano freddi occhi tendenti al viola, che facevano veramente impressione. «Il mio nome è Kumarbis, sono un Arconte dal Nome Incancellabile, fedele servitore della città di Zerya... A me spetta il compito di forrnirvi una più chiara spiegazione rispetto al luogo in cui vi trovate e alla ragione della vostra presenza. Nessuno abbia paura, qui siete al sicuro e potrete presto tornare alle vostre vite... Non farete nemmeno fatica a dimenticare questo breve viaggio!». Queste parole erano scandite con estrema pacatezza, con una voce ben diversa da quella di Enlil, più giovane e molto dolce, che mal si accordava con i severi tratti nordici del viso del secondo Arconte. «Negli scorsi giorni» procedette Kumarbis «questo consiglio ha preso un'importante decisione, dopo secoli e secoli dall'ultima volta che se ne prese una simile. Si è infatti scelto di ricorrere al vostro prezioso aiuto, oh giovani di Gea, per difendere le Terre di Mito e l'Universo Intero da una possibile minaccia. Oggi, nel pieno del mese di Sagitter e quasi ottomila anni dopo la fondazione di Zerya ci avvaliamo del più potente strumento di pace di cui si possa disporre, capace di vincere ogni male in qualsiasi luogo e in qualsiasi tempo. In qualità di supremo organo di governo della città delle città, noi Arconti dal Nome Incancellabile convochiamo il Concilio dei Portanti Umana Ragione Invitta, che le antiche fonti ricordano anche come i "Puri"». 

 «Straordinario, davvero straordinario!» esclamò Daniel, voltandosi verso Jake in modo da incontrare con lo sguardo i suoi occhioni di ghiaccio, ora decisamente rassegnati all'idea d'esser spettatori non paganti di uno spettacolo sempre più assurdo. Intanto l'Arconte continuava: «I Puri sono venticinque giovani nati su Gea, quel pianeta da voi generalmente conosciuto come "La Terra", che grazie alle antiche tradizioni sappiamo situato in un preciso punto dell'Universo in tutto e per tutto identico a quello in cui viviamo. Non ha senso che vi dica di più circa la collocazione delle Terre di Mito... Vi sarà sufficiente sapere che Zerya si trova in una galassia pressoché speculare a quel che chiamate "Il Sistema Solare". Anche in questo caso numerosi pianeti orbitano intorno a una stella, grande quasi quanto il Sole, il cui nome è Istar. Siamo infinitamente distanti da Gea, ma imparerete presto che lo spazio e il tempo non sono categorie assolute... Anche sul vostro pianeta qualche saggio vi avrà sicuramente ricordato che tutto, o quasi, è da ritenersi relativo... Alla base di ogni considerazione, cari ragazzi, c'è sempre un punto di vista!». «Ora le cose si fanno un po' più razionali» disse Jake. «Certamente!» gli rispose Daniel, accennando un sorriso. «Molti studiosi hanno sostenuto che le probabilità di esistenza della vita in altri punti dell'universo oltre alla Terra fossero altissime». «Quei cavalli, alati o non alati che fossero, avrebbero però dovuto superare di gran lunga la velocità della luce per portarci così lontani. E questo è già molto meno razionale...» finì però per obiettare nuovamente il giovane Reid. 

«I Puri sono autentici simboli di pace, lo ricordano le antiche scritture di Zerya, custodite dagli Arconti in nome dell'Eterna Legge delle Terre di Mito. Questi ragazzi nati su Gea hanno dentro sé stessi la forza dell'amore e incarnano l'idea di una suprema giustizia che sia guidata da questo sentimento a dir poco essenziale per la vita umana». «Se non altro ora abbiamo la conferma che questi Arconti e quelli che abitano questo mondo sono anch'essi della nostra specie... È già qualcosa!» esclamò sarcastico Jacob, mentre Kumarbis continuava il suo intrigante monologo. «L'uomo dovrebbe essere capace di agire secondo la logica che è propria della sua natura, quella dell'amore e della giustizia... Dovrebbe poterlo fare da solo, senza l'aiuto di nessun altro. Ma sapete quanto me, perché l'uomo è lo stesso in ogni mondo, che spesso ha bisogno di reprimere comportamenti che vanno nella direzione opposta, come l'odio, l'arroganza, la voglia di sopraffare gli altri e via dicendo. Quando queste forze maligne si manifestano in modo massiccio e pericoloso i Re, Principi o Governatori delle città delle Terre di Mito, nonché gli Arconti, supremi garanti della Legge, possono contare su un prezioso aiuto proveniente dall'esterno, mediante il ricorso al Concilio dei Puri. Secondo la tradizione la presenza dei Portanti Umana Ragione Invitta sul suolo di Zerya è di per sé garanzia di sicurezza e invulnerabilità per il nostro mondo e l'Universo Intero. Sarà sufficiente che essi si prendano per mano e formino un cerchio, dopo essersi riuniti in un punto preciso delle Terre di Mito, conosciuto solamente dagli Arconti, e aver indossato delle apposite vesti tessute in oro, del tutto simili a delle armature, ma leggere come fossero di seta. In questo modo ogni male verrà estirpato sul nascere. È tuttavia fondamentale, secondo le fonti, che la segretezza del Luogo del Concilio non sia per motivo alcuno violata». 

 I ragazzi e le ragazze seduti ad ascoltare Kumarbis erano decisamente meno spaventati rispetto a quando aveva parlato Enlil e anche molto incuriositi da ciò che quell'uomo dai lunghi capelli biondi andava dicendo. Ai più sembrava di essere al cinema a vedere un film avvincente e ricco di colpi di scena, o di trovarsi con gli occhi sulle pagine di un libro d'avventura, di quelli che quando li inizi non riesci più ad abbandonarli. «Ma saremo un migliaio!» esclamò Jake, a cui non era sfuggito che l'Arconte avesse parlato di "venticinque giovani". Quasi avesse potuto udire quest'affermazione di perplessità e pacato disappunto nonostante la distanza che separava i troni dagli spalti, Kumarbis continuò precisando «Dagli antichi scritti conservati a Zerya sappiamo che la formazione del Concilio non é affatto cosa semplice... Recita infatti queste parole il più importante tra i testi su cui si fondano le civiltà delle Terre di Mito, conosciuto come "Il Canto della Storia":

"Se l'anima nostra sarà rea
d'attuar malvagio disegno,
allor si cerchino su Gea
perché giungano al regno,
Portanti Umana Ragione
Invitta in lor nobil cuore,
quei che vivi d'emozione
san donare il loro amore.
Giovinezza li accarezza
di sol sedici primavere,
dalle labbra soave brezza
di giuste parole sincere.
Saran salve terre e 'l mare
e ogni mal sarà fuor gioco,
se si sapranno rintracciare
e s'avrà in segreto loco
il lor Concilio, nostra pace,
con le mani nelle mani,
mentre fuor tutto tace,
vicini destini prima lontani.
Prendan mille creature
i Pegasi e l' Antico Dono
dia lor l'auree armature
allor forgiate col perdono.
Saran lette da ognuno
le sue pagine s'un trono
e non capirà altro alcuno,
solo i venticinque che sono".

Si tratta di versi molto antichi, ma d'importanza vitale per Zerya, anche e soprattutto oggi! Siamo fortunati a poter disporre delle testimonianze del passato, perché dal passato si può imparare davvero molto...». A questo punto Kumarbis smise di parlare, senza aggiungere altro e lasciando tutti col fiato sospeso. 
 Daniel era davvero esterrefatto e nella sua mente cominciava a diffondersi la convinzione che questo incredibile viaggio in quella che pareva essere una città più importante di un lontano pianeta, del tutto simile alla Terra ma posto addirittura in un altra galassia, fosse davvero un gran bel regalo di compleanno, appositamente confezionato dal destino per il suo animo avventuriero. Inoltre era affascinato dalle rime tratte dal Canto della Storia, che l'Arconte aveva appena recitato. Jacob continuava invece a sedare le proprie preoccupazioni semplicemente pensando alla felicità che poteva ammirare sul volto del suo migliore amico. 

(M.T.)


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